Nuove specifiche tecniche di fattura elettronica ed esterometro – II° e ultima parte

Nuove specifiche tecniche di fattura elettronica ed esterometro – II° e ultima parte

Proseguiamo l’analisi delle principali novità che riguardano il nuovo tracciato di fattura elettronica. Nella I° parte della del 28 settembre 2020 abbiamo illustrato le nuove causali da dedicare al campo “tipo documento”, ed analizzato quelle relative alle fatture differite (TD24 e TD25), quelle per l’autofattura per splafonamento (TD21), quella per cessione gratuita senza rivalsa e per autoconsumo (TD27) e quella per cessione di beni ammortizzabili e passaggi interni (TD26).

Queste causali possono consentire all’Agenzia di determinare con maggiore precisione il totale dell’Iva vendite, e compilare in automatico alcuni campi del quadro VE della dichiarazione Iva.

Per poter, però, aumentare la precisione di compilazione, sono stati introdotti dei nuovi codici utilizzabili nel campo relativo alla “natura”, cioè quello che deve essere compilato quando, a fronte di un imponibile positivo, c’è una imposta uguale a zero.

Ad oggi erano presenti i codici da N1 a N7, che codificavano le operazioni escluse, non soggette, non imponibili, esenti, in regime monofase, in reverse charge, con addebito di Iva estera.

Di tali codici, non saranno più utilizzabili i codici N2 (non soggette), N4 (non imponibili) e N6 (operazioni in reverse charge), in quanto sostituiti da una serie di sottocodici con maggiori dettagli.

Il codice N2 (operazioni non soggette) viene sostituito con il codici “N2.1 – non soggette ad Iva ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del D.P.R. 633/1972” e “N2.2 – non soggette – altri casi”.

Il codice che certifica le operazioni non imponibili (N3), viene suddiviso nei codici da N3.1 a N3.6 per la corretta compilazione dei vari campi del rigo VE34 (operazioni che formano il plafond), del rigo VE35 (operazioni verso gli esportatori abituali) e VE36 (altre operazioni non imponibili che non formano il plafond).

Ulteriore modifica è la suddivisione del codice “N6-inversione contabile”, nei sottocodici da N6.1 a N6.8, che servono per distinguere le varie casistiche di applicazione del reverse charge, come individuate dal rigo VE35 della dichiarazione; è stato istituito inoltre il codice “N6.9 inversione contabile-altri casi” che attualmente non ha riscontro in nessun rigo dichiarativo.

Dall’analisi riportata nel presente e nel precedente contributo, sembra che l’Agenzia possa proporre una bozza di quadro VE della dichiarazione Iva che sia molto fedele alla realtà.

La domanda che sorge spontanea è come gestire le note di variazione; se è vero che esistono degli specifici codici da utilizzare come “tipo documento” (TD04 nota di credito), qualora si debba stornare una fattura di cessione di beni ammortizzabili codificata con TD26, affinché il sistema dell’Agenzia provveda alla corretta compilazione del rigo VE40, si dovrà emettere una fattura con segno negativo sempre con codice TD26?

Con riferimento alla determinazione dell’ammontare dell’Iva detraibile, l’Agenzia non può conoscere se una cessione di beni o una prestazione di servizi dà diritto alla detrazione dell’Iva al cessionario o committente, in quanto non è a conoscenza di come viene applicata l’indetraibilità oggettiva, quella mirata, e in alcuni casi nemmeno quella da pro-rata.

Quello che l’Agenzia può sapere, senza essere comunque precisa, è quale sarebbe l’ammontare massimo di Iva detraibile, ipotizzando che non ci siano casi di indetraibilità: tale importo sarebbe dato dall’Iva indicata in tutte le fatture elettroniche ricevute nell’anno (l’Iva relativa può essere infatti detratta solo nell’anno di ricezione della fattura), sommata all’Iva all’importazione (nonostante per l’importatore la bolletta doganale sia un documento cartaceo, i relativi dati dovrebbero essere inseriti a sistema), e sommata all’Iva pagata dallo stesso cessionario o committente al posto del cedente o prestatore, con il meccanismo del reverse charge.

L’Agenzia non vede in automatico l’Iva che viene addebitata con fattura cartacea da enti non commerciali con attività commerciale inferiore a 65.000 euro, e forse non vede nemmeno quella che potrebbe addebitare un cedente della Repubblica di San Marino.

Ciò premesso, importi rilevanti di imposta possono essere detratti dopo aver effettuato il reverse charge, cioè assolto l’Iva al posto del cedente o prestatore, emettendo una autofattura o integrando la fattura del fornitore. Chiaramente l’imposta assolta deve confluire poi come debito nella liquidazione Iva.

Il reverse charge estero, ad oggi, viene effettuato dalla quasi totalità dei soggetti in forma cartacea: al ricevimento di un documento cartaceo (o in formato elettronico, ma extra SdI, come un Pdf via mail), si procede alla stampa del documento estero, all’emissione della autofattura cartacea o all’integrazione del documento cartaceo, ed alla conservazione analogica di tali documenti.

Vero è che l’Agenzia, già nel passato, aveva precisato che era possibile inviare una specie di “autofattura” a SdI per smaterializzare questa operazione, ma la cosa è stata sconsigliata da tutti, per la confusione informatica che poteva generarsi anche nei controlli dell’Agenzia.

A questo riguardo, la novità delle nuove specifiche che sembra andare incontro a chi intende smaterializzare completamente la fase del reverse charge, è l’istituzione di tre nuovi codici del “tipo documento”, che sono TD17, TD18 e TD19, utilizzabili per il reverse charge da farsi su servizi acquistati da soggetti stranieri, sugli acquisti comunitari, e su acquisti di beni da soggetti stranieri.

La logica di tali nuovi codici dovrebbe essere quella di rendere possibile che, già in sede di registrazione del documento estero, il sistema informativo possa creare un file xml da inviare all’Agenzia con i dati del fornitore estero e l’importo dell’Iva da assolvere, che oltre ad eliminare l’incombenza di dover comunicare l’operazione nell’esterometro, eviti proprio la stampa e la conservazione cartacea del documento integrato o dell’autofattura, ed inserisca l’operazione nel corretto rigo del quadro VJ della dichiarazione.

Analoga logica sembra avere il “tipo documento” “TD16 – integrazione reverse charge interno”.

Tale codice consente al cessionario o committente di una operazione in reverse charge interno (acquisto di rottami, di servizi di pulizia, subappalti edili, pallet usati, ecc…), di inviare a SdI un documento che sostituisce l’integrazione della copia cartacea della fattura del fornitore (elettronica inviata via SdI).

Dalle specifiche tecniche capiamo che se generiamo questo file xml da inviare a SdI, come cedente/prestatore andrà messo colui che ha ceduto il bene o prestato il servizio (ad esempio l’impresa di pulizia).

In conclusione, le nuove specifiche tecniche, che per molti saranno solo una complicazione, per altri potrebbero essere uno stimolo per una maggiore automatizzazione dei processi amministrativi ed una eliminazione di documenti cartacei.

Tuttavia, molti chiarimenti sono necessari e, considerati i tempi di aggiornamento dei software gestionali utilizzati in particolare nelle grandi aziende, tali chiarimenti sono già in estremo ritardo.

 

Lo Studio rimane a disposizione.